Ikigai

Oggi non mi va di lavorare. Ogni tanto succede anche a me. Me ne sto seduta ad uno dei tavoli della veranda che dà sulla piscina. 

Davanti a me ho un foglio con il disegno degli insiemi che si intersecano e compongono l’Ikigai. Ho scoperto l’Ikigai leggendo un libro e ora sono tutta presa a fare gli esercizi.

«Ehilà Manger!» è la voce squillante di Tsubasa. Credo abbia appena terminato la sua corsetta mattutina. Si avvicina a me mentre si passa l’asciugamano sul viso.

Di questo l’ho sempre invidiato, lui ha già trovato e raggiunto il suo ikigai.

«Che fai di bello?» dice mentre si siede accanto a me.

«Studio un po’ la filosofia ikigai.» e gli indico il libro.

«E che roba è?»

Gli spiego velocemente in cosa consiste e gli mostro lo schema che ho appena disegnato:

Dalla sua espressione sembra che non abbia capito. 

«Allora… per te è semplice! Ciò che ami è il calcio. Ciò che sai fare bene è giocare a pallone. Tra l’altro sei pure ben pagato e il mondo ha bisogno del gioco del calcio. Quindi il tuo ikigai è: fare il calciatore professionista.»

«Ah, capito! È una cosa facile.»

«Se prendo te come esempio, sì! Ma se lo proietto su di me non funziona…»

«Bhè se continui a calciare il pallone con la punta del piede e a fare falli in quel modo non andrai molto lontano. Intanto dovresti iniziare ad allenarti seriamente, magari iniziando proprio a correre, fiato non ne hai proprio…»

«Fermo fermo! Ma io non voglio fare il calciatore!»

«Ah no?!»

«Certo che no! Ti stavo solo spiegando come funziona lo schema prendendo te come esempio! Io ne vorrei trovare uno mio.» puntualizzo.

«Ah…» Prende il foglio tra le mani e lo legge. «In pratica è cosa vuoi fare da grande?»

Perché banalizza un concetto così importante in questo modo?

«Più o meno. Diciamo che dovrebbe essere la massima aspirazione di vita. Ecco.»

«Uhm…» mugugna mentre osserva lo schema.

«Capitanoooo!» è la voce di Ishizaki «Andiamo al campooo!»

«Arrivooo!» gli risponde a gran voce «Ti saluto manager!» mi dice mentre mi porge il foglio.

Troverò mai la mia vocazione?

Qualche giorno dopo

«Manager, ti devo parlare!» mi domanda Ishizaki irrompendo nel mio studio senza neanche bussare. Ma che maniere sono.

«Che vuoi?» rispondo un po’ scocciata.

Ishizaki con cura chiude la porta e si avvicina a me. Si accomoda sulla poltroncina di sinistra e si protende sulla scrivania facendomi segno di avvicinarmi.

«Sono un po’ preoccupato per il capitano…» sussurra «… ultimamente si comporta in modo strano.»

«Ishizaki che intendi dire?»

Sospira. «Beh… è da un po’ di giorni che ogni tanto lo vedo appartato che disegna qualcosa, poi accartoccia il foglio e lo butta. E continua a farlo diverse volte. Così incuriosito ho controllato nel cestino. Guarda tu stessa.»

Con estrema calma dalla tasca estrae un foglio appallottolato e me lo stende sulla scrivania.

Porca miseria! Ma è veramente uno di quei disegni stilizzati che rappresentano un… un… non non ce la faccio a dirlo! Tsubasa non può… 

«Ishizaki, non è che è uno dei tuoi soliti scherzi?»

«No! Sono preoccupato, per questo te l’ho detto.»

Visto che di Ishizaki non mi fido, ho deciso di verificare da sola. Ho osservato Tsubasa tutto il giorno, finché non si è appartato nella sala riunioni e lì armato di parecchi fogli ha iniziato a disegnare. Sarà stato chiuso lì dentro una mezz’ora buona. Appena è uscito e senza farmi vedere ho preso tutta la carta del cestino. Ora sono nel mio ufficio insieme alla caporedattrice.

«Disegna proprio male Tsubasa, lascia che te lo dica.» dice la caporedattrice scrutando i disegni che abbiamo disposto a terra.

«Ma perché fa questi disegni?» dico sconvolta.

«Non saprei. Forse è un’esternalizzazione di qualche pulsione sessuale repressa.»

«E disegna questa roba?!» dico prendendo uno dei fogli. Sono sconvolta.

«Magari è omosessuale. Chi può dirlo?»

«Ma non scherziamo! Tsubasa non può farmi questo.» dico con le lacrime agli occhi. «Caporedattrice che facciamo?»

Continua a prendere un disegno dopo l’altro, lo scruta e lo posa. «Banalmente vai da lui e chiedigli perché disegna queste schifezze.» dice inorridita.

«Ma non diciamo sciocchezze! Non lo posso fare! Sarebbe imbarazzante!»

«Allora lascia le cose come stanno. Starà sicuramente attraversando una fase in cui magari si sente confuso.»

Accidenti! Sono seriamente preoccupata per Tsubasa. La caporedattrice è andata via. A causa di questa storia le ho fatto fare tardi, fuori è già buio. Prendo tutti i fogli e li passo ad uno ad uno nel tritacarte. Meglio che faccia sparire questi disegni osceni.

Esco dal mio studio, la mia giornata finisce qui. Domani penserò a qualcosa.

Percorro il corridoio che conduce alla sala riunioni che è completamente immerso nel buio, ma noto che la luce della sala riunioni è accesa. Strano. Solitamente a quest’ora la parte dell’edificio adibita ad uso ufficio è deserta.

Dalla parete a vetri dalla sala riunione vedo Tsubasa. È tutto concentrato a disegnare. Ecco, ci risiamo.

Questa potrebbe essere l’occasione per parlargli. Respiro profondamente. Ce la posso fare.

Busso alla porta a vetri per richiamare la sua attenzione.

«Manager…» si blocca. «… Che ci fai ancora qui?»

Lo vedo girare subito il foglio al contrario.

«Avevo un lavoro da ultimare e ho fatto tardi. Ma tu piuttosto, che ci fai in sala riunioni? È un posto un po’ insolito dove trovarti.»

«Ah… niente di particolare. Sarà meglio che vado.» Si alza e prende il foglio cercando di nascondere il disegno ai miei occhi.

Mi avvicino a lui.

«Senti, sono un po’ di giorni che ho notato che ti apparti per metterti a disegnare…» 

Alle mie parole Tsubasa si è irrigidito. Resta immobile senza proferir parola. 

«Tsubasa…» gli dico dolcemente «…ti serve aiuto?.» Aiutare a fare che poi? Disegnare… no, qui serve uno psicologo e pure bravo! Mi deve rimettere a posto Tsubasa!

«Il fatto è che mi vergogno un po’…» dice imbarazzato.

Sospira. E volta il foglio. Eccolo lì, in questo disegno gli è venuto piuttosto imponente. «Sai… manager… io ho provato e riprovato a farne uno decente, ma come vedi il risultato è pessimo. Volevo provarci da solo, ma effettivamente il risultato non cambia mai. Tu lo disegni molto meglio di me.»

«Tsubasa…» respiro profondamente «… io non credo di aver mai disegnato una cosa del genere. Capisco la tua lusinga sul fatto che sono piuttosto brava a disegnare, però…»

«Eppure l’altro giorno ne hai disegnato uno davanti a me.»

Ma che sta dicendo? E quando mai lo avrei fatto? E se soffrissi di una doppia personalità? Magari in me c’è un Mr. Hyde! Una parte di me che arde di lussuria! No, no, ma non è possibile.

«Tsubasa, secondo me ti stai sbagliando…» puntualizzo.

«È lo stesso disegno che hai fatto qualche giorno fa mentre eri nella veranda a studiare. Ho solo provato a ridisegnare quello schema. Se non ricordo male ogni cerchio rappresenta qualcosa, uhm… ciò che ami, ciò che sai fare… il mondo ne ha bisogno… quella cosa lì.»

Prendo il foglio dalle sue mani e lo rivolto per avere una pagina bianca. Prendo la matita che è posata sul tavolo e disegno 4 cerchi che si intersecano tra loro. In ognuno scrivo il suo significato.

«È questo che volevi disegnare?»

«Sì! Esatto!» lo guarda con gli occhi che gli brillano. Poi volta il foglio e guarda il suo obbrobrio. Riguarda il mio disegno. «Mi mancava un cerchio! Io ne disegnavo solo tre!»

Tsubasa non ha proprio il senso delle proporzioni su un disegno. Tra l’altro sembra l’innocenza fatta persona, lui in quel disegno ci vede solo tre cerchi…

«E come mai volevi fare quello schema? Il tuo ikigai lo ha già bello che raggiunto.»

«Era per te, volevo aiutarti a trovare il tuo!» dice entusiasta continuando a guardare lo schema. Alle sue parole resto quasi senza fiato. «Un po’ ci ho pensato. Guarda.» e mi sfila la matita dalla mano. Accanto ad ogni insieme sta scrivendo qualcosa. Lo osservo e mi vengono quasi le lacrime agli occhi.«Ora sì che è facile compilare lo schema!» dice soddisfatto. «Che ne pensi?» dice sorridendo mostrandomi il foglio.

Con le lacrime agli occhi che fatico a trattenere gli getto le braccia attorno al collo. 

«Tsuchan!!! Ma è una cosa dolcissima! Grazieeee!» gli dico stringendolo in un forte abbraccio.

«Ah… beh… io…»

«Whaaa! Sei stato troppo carino!!! Hai fatto una cosa carinissima per me!»

«Per così poco…» e a sua volta ricambia l’abbraccio.

P.S. Confessioni in pausa pranzo

«E questo è quanto è successo ieri.» esordisco. 

«Confesso che Tsubasa mi ha stupita positivamente. Ci si è messo davvero di impegno a farti lo schema ikigai.»

«Sììììììì! È stato troppo troppo carino!!!» dico in modalità love-love «Pensa che ora quel foglio si trova nella teca del mio studio.»

«Ecco. Parliamone. L’ho visto stamattina quando sono entrata…»

«È adorabile, vero?! Visto che cose carine che ha scritto?» dico gongolando.

«Sì, è stato bravissimo. Però…»

«Visto come mi conosce bene, il mio tesoruccio?» dico sprizzando felicità da tutti i pori.

«E va benissimo! Ma…»

«Oddio mi piace ancora di più!!! Lo amo troppo!» dico emettendo gridolini di felicità.

La caporedattrice batte fortissimo il palmo della mano sul tavolo da pranzo.

«Haruka!» dice in tono severo.

Deglutisco. «Mi dica…» meglio darle del lei. Guarda che sguardo severo che ha.

«Ti volevo dire… e non mi interrompere…» dice in tono pacato «… che dovresti cambiare posto a quel foglio. O se proprio lo vuoi tenere lì, che so, mettigli una cornice!»

«Perchè?»

«Come sarebbe a dire “perchè”? Ovviamente dalla tua scrivania hai la piena visuale dello schema ikigai disegnato dal tuo tesoruccio. Ma quando si entra nel tuo ufficio dalla teca si erge imponente il disegno fatto male del tuo tesoruccio!»

«Uhm… ok, provvedo a sistemare. Cambiando discorso, insomma questa Tempura che ha preparato Shingo Takasugi, com’è?»


2 risposte a "Ikigai"

  1. Caro Tsubasa, devo ammettere che ha fatto tenerezza anche a me sia per la sua ingenuità coi tre cerchi 😅 che per il bellissimo gesto di volerti aiutare 🥰🥰🥰

    Se Taro facesse qualcosa per me probabilmente anch’io lo incornicerei e ne farei anche delle copie da portare con me e guardare quando voglio. 🥰

    Ma non ci riveli cosa ha scritto? 😁

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